Integrazione, amicizia, solitudine, nostalgia, nuove conoscenze, dubbi e paure.
Letti e riletti, triti e ritriti, questi concetti sono all’ordine del giorno nei blog degli expat, così come nei siti e nelle varie piattaforme dedicate alla vita da espatriati.
E, naturalmente, anche io ho il mio pensiero a riguardo e ho a che fare con questi sentimenti almeno un paio di volte al giorno.
Perché, si sa, anche vivendo al mare, nel più bello e rilassante dei contesti, non è sempre tutto bello e facile, anzi. Non lo è proprio per niente.
Poi qualche giorno fa una mia cara amica, una “soul mate” per dirla all’inglese, una expat DOC che ha vissuto quasi ovunque e che quindi “ne sa”, mi ha scritto questo :
“Col tempo ti abitui a quel leggero senso di anonimato che ti da la vita da expat. Io lo trovo liberatorio e anzi da la possibilità ad altre parti di se’ di emergere perché non ci sono aspettative nei nostri confronti.”
Leggero senso di anonimato.
Wow. Che meravigliosa e quanto mai azzeccata definizione.
Perché è verissimo. Come non sentirsi anonimi in un posto nuovo dove conosci poco e nessuno?
E succede veramente di sentirsi prima o poi pienamente integrati e a casa?
Eppure, anche se apparentemente triste, questo “leggero senso di anonimato” mi ha alleggerito e non poco. Mi ha dato una nuova e interessante chiave di lettura.
Una sorta di “liberazione”, un recupero di una propria identità e “privacy” che molto spesso manca nella frenetica routine di una grande città.
Perché diciamocelo, almeno una volta nella vita chi non ha pensato : “adesso scappo e vado dove non mi conosce nessuno e dove nessuno si aspetta niente da me” … ?
Io l’ho pensato.
Certo, il troppo stroppia – dice il saggio – sempre e comunque.
Alla lunga l’anonimato può diventare frustrante e deve trasformarsi in qualcosa d’altro. Altrimenti subentrano l’isolamento e la tristezza cronica.
Ma vissuto così, come l’altro lato della medaglia, può essere un ottimo spunto di riflessione. Una modalità per fermarsi un attimo, ricercar-si e ritrovar-si.
Tirare un attimo il fiato. Scoprire proprie risorse che non erano mai emerse, forse perché schiacciate da forti aspettative nei nostri confronti.
Tirare il fiato. E poi riprendere a respirare. In una costante e – purtroppo o per fortuna – continua ricerca dell’equilibrio.
Nessun integralismo per le amicizie o le solitudini “a tutti i costi”.
Soltanto un’altra chiave di lettura.
E, ancora una volta, la consapevolezza di chi/cosa vogliamo ringraziare o incolpare per lo stato delle cose.
(Grazie Giselle)
M piace molto questa definizione e questa chiave di lettura! Soprattutto se penso che vivo in un piccolo paese dove tutti devono farsi i fatti degli altri, dove i vicini sono appostati per vedere che fai e con chi esci… Mi manca proprio il leggero senso di anonimato di cui parli, ma ho un piano! Spero di realizzarlo presto.
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Uh io amo i piani! Non vedo l’ora di leggerlo 😉 Comunque si, a me questa lettura ha molto … alleggerito !
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